Benvenuti al nostro primo appuntamento con la rubrica: “Parigi insolita e segreta”! 😲😱
La scelta di questo tipo di rubrica, oltre ad essere sostenuta dal fascino che provo per la meravigliosa e contraddittoria Ville Lumière, nasce quasi per forza di cose. Attualmente mi trovo proprio qui, nel mio “studiò” a Parigi, il mio piccolo petit coin (piccolo angolino) che mi ospita e accoglie da più di un anno… come corre veloce il tempo!
Ho scelto di usare il termine “contraddittoria” non proprio a caso. Per quanto in me possa scorrere sangue tricolore, la città di Parigi è sempre stata la custode fedele di una parte del mio cuore. Sin da piccola ho avuto la fortuna di conoscere questa città e innamorarmene e, se all’inizio mi è sempre sembrata la città dei sogni, ad oggi posso dire che l’idea che mi ero costruita di essa è un po’ mutata.
Lungi da me affermare che non sia la città più bella del mondo ma, studiandoci prima e lavorandoci oggi, mi rendo conto che un po’ di quell’illusione infantile alla quale affidavo i miei ricordi parigini, ha lasciato spazio alla realtà più vera, quella di un’enorme metropoli multietnica europea basata su due principi fondamentali e indissolubili: il lavoro e il far funzionare le cose. Tutto il resto è superflo.
Capirete dunque che la me sognatrice, una volta qui, si è dovuta riadattare a questo modus vivendi. All’improvviso non c’era più tempo per perdersi tra le rues (stradine) o per soffermarsi sull’emblematica architettura dei palazzi haussmaniani1. I colori dei tramonti sulla Senna ho iniziato a perdermeli e la frenesia di una città così importante mi ha inglobata completamente.
Tuttavia, il mio amore per Parigi resta immutato e, anche se adesso la osservo da adulta, dentro di me c’è sempre quella bimba capace di scoprire i più piccoli dettagli parigini con gli occhi innamorati. Per questo motivo, e per l’immenso numero di curiosità da conoscere su Parigi, ho deciso che ve ne avrei parlato, che vi avrei fatto conoscere anche il punto di vista della piccola Simona per iniziare insieme una lunga promenade (passeggiata) in città 🇫🇷.
Oggi è il turno delle Boîtes à livres, uno dei primi dettagli di Parigi che subito ha ben chiarito quali sono, secondo i francesi, le priorità necessarie per far funzionare le cose.
Boîtes à livres: di cosa si tratta?
Cultura, Cittadinanza, Condivisione.
È questo il motto su cui si basa quest’invenzione così preziosa. Camminavo per le strade di uno dei numerosi quartieri di Parigi quando all’improvviso mi sono imbattuta in una piccola casetta di legno accanto all’entrata di un parchetto. All’inizio pensavo fosse una casetta per animali, una di quelle dove basta mettere dei semini e un po’ d’acqua per prenderti cura degli uccellini di città. Sebbene anche questa sia un’idea davvero preziosa, la casetta non conteneva semini, bensì libri.
Spinta dalle mie origini italiane, la prima reazione fu di diffidenza. Come poteva esistere un piccolo cofanetto aperto con dei libri dentro nel bel mezzo della strada? Ma soprattutto, com’era possibile che invece di essere completamente vuoto, al contrario, fosse pieno di romanzi, saggi, gialli, fumetti, settimanali e cataloghi di viaggio?
In quel preciso momento ho compreso fino a che punto questa città si fondasse sulla Cittadinanza: sulla fiducia reciproca del dare e ricevere gratuitamente senza il timore di essere derubati. Certo, i furti esistono in tutto il mondo ma in questo caso è come se vigesse una regola silente secondo la quale l’importanza delle intenzioni del progetto vada oltre ogni furbata.
Anatomia di una Boîte à livres
Ma cosa si intende esattamente con Boîtes à livres? In inglese vengono definite “Reading Box” ma non sono altro che micro-biblioteche cittadine dove tutti possono depositare e prendere in prestito libri gratuitamente. Si tratta, il più delle volte, di libri di seconda mano che chiunque può mettere a disposizione degli altri per dargli una seconda vita.
In giro se ne trovano davvero di tutti i tipi. C’è quello a forma di casetta o a forma di albero. Così come si trovano quelli ad armadio o a cabina telefonica. Tutti, dalla Bretagna alla Costa Azzurra, contengono testi dalle tematiche più disparate da cui poter attingere.
Perché aderire a questo progetto? Semplicemente perché ha l’ambizione di incoraggiare l’economia circolare ma soprattutto di favorire e promuovere per tutti l’accesso alla Cultura.
Oltre alla lotta all’analfabetismo, questo tipo di iniziative mira anche a creare legami sociali nel quartiere e a favorire la Condivisione di beni e conoscenze. Si tratta di piccole strutture di quartiere eco-progettate, ad accesso libero, gestite dagli abitanti, che permettono di raggiungere così anche un pubblico lontano dalla lettura.
Il “Croque-livre” per la versione mini all’altezza dei bambini
Di pari passo con le nostre boîtes à livres ovviamente esistono quelle in versione mini-mignon per i più piccoli. Si chiamano “Croque-livres” e l’idea nasce in Québec. Anche in questo caso si tratta di cofanetti di quartiere dove riporre dei libri da condividere. L’unica differenza è che queste sono progettate appositamente ad altezza bambino e installate sui le strade che percorrono abitualmente.
Per rendere la cosa ancora più accattivante e simpatica dal punto di vista di un bambino, la boîtes à livres assume la forma di un piccolo mostro mangia libri da cui, appunto, deriva il nome di “Croque-livre”. La cosa più bella di questo sgranocchia libri? Oltre a prendere i loro libri preferiti, i bambini possono far fronte al piccolo mostro disegnandoci sopra.
Quando è nato il concetto di “Biblioteca aperta”?
Ma dov’è nata quest’abitudine di condividere la cultura? Per quanto io l’abbia trattata come una curiosità su Parigi, in realtà le boîtes à livres hanno origini tedesche. Pare che le prime “scatole di libri” siano apparse a Graz, in Austria, nel 1991. All’inizio il loro primo nome era “biblioteche aperte“, che in tedesco si dice Die offene Bibliothek.
Tutto nacque come parte di un progetto artistico guidato da Clegg & Guttmann. Il duo di artisti, rispettivamente di origini irlandesi e israeliane, durante l’organizzazione di una mostra, ebbero l’idea geniale. Oggi famosi in tutto il mondo, i due artisti decisero di mettere in atto un vero studio sociale che andasse oltre il ready-made. L’idea era quella di capire se, una volta portata gratuitamente l’arte fuori dal museo, le persone ne sarebbero state attratte ugualmente.
Un quarto di secolo dopo, le biblioteche aperte di Clegg & Guttmann si sono diffuse in tutto il mondo offrendo così una risposta allo studio dei due artisti. Le biblioteche aperte non si erano limitate a restare parte di un esperimento ma erano diventate una realtà. I primi punti di raccolta si diffusero prima ad Amburgo nel 1993, poi a Mainz nel 1994. Fu proprio a Mainz (Mangoza), città tedesca, che Andrea Holman scoprì l’idea e la portò in Francia, dove oggi risiede la biblioteca della Maison Ronceray a Rennes.
Insomma, ad oggi i numeri parlano chiaro: il fenomeno delle boîtes à livres è in costante crescita, contro ogni aspettativa. Nonostante gli innumerevoli input che riceviamo dal mondo digitale dal quale veniamo sempre più assorbiti, qualcosa di tangibile è rimasto. E non sto parlando del libro in sé e per sé ma dell’arte della condivisione e dell’idea che ne risiede alla base. Potranno anche risultare freddi questi francesi ma il loro gesto resta impagabile.
Avere la possibilità di vivere nuovi mondi scritti solo perché c’è una boîte à livres all’entrata di un lido o nelle stazioni ferroviarie, non ha prezzo. In questo mondo il viaggio diventa doppio, fatto di nuove scoperte e di inaspettate opportunità offerte da qualcuno che le ha vissute prima di noi.
- Palazzi Haussmaniani: nei prossimi appuntamenti affronteremo anche questo discorso 🤓 ↩︎