Sì, certo, quanto più dall’alto, tanto più dolorose, le cadute.
Novella 11. Paura d’esser felice – Luigi Pirandello (1911)
Io vivo con la paura di essere felice. Da ormai quasi 15 anni, vivo con il terrore di dirlo ad alta voce, di esprimere un qualsivoglia sentimento di gioia troppo apertamente. Da ormai quasi 15 anni soffro di cherofobia (o almeno così pare).
La nuova tendenza di aver paura di stare bene
Una persona vive le proprie giornate una dopo l’altra, in maniera automatica, percependo poco i cambiamenti interni ed esterni. Più il tempo passa, però, più questa stessa persona si forma, definisce il proprio carattere, i propri gusti e il proprio approccio alla vita. È un processo lento ma inevitabile che riguarda ciascuno di noi.
Come dicevo, ho voluto assegnare un lasso di tempo di 15 anni circa a questo cambiamento della mia vita ma, ovviamente, non è altro che un tempo orientativo in cui ricordo che qualcosa è cambiato.
Ero adolescente e un evento scatenante ha turbato la mia serenità di bambina. Probabilmente non sarà stato un evento isolato ma ricordo che la frase che per l’ultima volta nella mia vita pronunciai poco prima ad alta voce fu: “sono felice“.
Sono 15 anni che non ho più il coraggio di dirlo ad alta voce e, a volte, temo anche solo pensarla una cosa del genere.
Sono 15 anni che ho paura di essere felice.
Ecco, credo che sia questa la cherofobia.
Cosa significa cherofobia?
Scientificamente parlando, il significato di “cherofobia” deriva dall’unione delle due parole greche kairòs che significa “ciò che rallegra” e fòbos che si traduce con “paura”. Proprio per il crescente numero di casi “affetti”, da qualche anno in psicologia è stato coniato ed accettato il concetto di paura della felicità come vera e propria fobia.
Anche se non (ancora) inserita nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (il DSM-5), in ambito psicologico la cherofobia è considerata una vera e propria forma d’ansia anticipatoria.
Si tratta di un meccanismo di difesa messo in atto per proteggersi dalla felicità ed è proprio questo il punto nevralgico del concetto. Qualsiasi accenno di emozione o sensazione positiva viene automaticamente e, ad un certo punto inconsciamente, considerato come momento di totale vulnerabilità.
La persona (compresa io) si convince che esista una legge empirica secondo la quale non puoi vivere pienamente e spensieratamente il tuo momento di felicità perché ti aspetta una tragedia dietro l’angolo.
È brutto vivere così, credetemi. È una condizione che ci auto imponiamo e che a lungo andare ci costringe a vivere una vita a metà.
Il mio meccanismo di difesa è diventato rendere tabù la frase “sono felice”. Certo, continuo a vivermi le situazioni come vengono: sorrido, rido e per piccolissimi attimi di vita mi abbandono alla spensieratezza. Ma a un certo punto mi fermo, mi limito e mi costringo a non provare felicità per paura di essere infelice.
La domanda che sto iniziando a pormi quindi è: vale davvero la pena costringersi, in un mondo parallelo senza troppa felicità, per paura di soffrire? Non è forse già questa una forma concreta di infelicità?
I meccanismi di tutti quelli che hanno paura di essere felici
Leggendo questo articolo ti sta venendo il dubbio che anche tu sia caduta nella trappola della cherofobia senza accorgertene? Ecco qualche atteggiamento tipico di chi ha palesemente paura della felicità:
- Pensare spesso “non voglio essere felice”;
- Evitare rapporti, situazioni o eventi che potrebbero apportare una momentanea felicità;
- Considerare lo stare bene come una condizione effimera e passeggera;
- Pensare che a tutto ci sia una fine, che ci sia sempre una fregatura dietro l’angolo e che la felicità porti sempre a qualcosa di negativo;
- Evitare di mostrarsi felici davanti agli altri.
Come si cura la cherofobia?
Come dicevo, la mia paura della felicità è sorta in seguito ad eventi traumatici vissuti nella mia infanzia, in particolare dopo un evento sorto dopo le magiche paroline tabù.
È stato in quel preciso istante che si è rotto qualcosa dentro di me ma l’unica cosa giusta che mi è sembrato fare di lì in poi è stato associare in maniera distorta la relazione causale tra felicità e dolore.
Alla fine il meccanismo di causa-effetto scatenatosi tra il trauma e le paroline tabù è stato talmente repentino da non darmi margine di dubbio.
Da quel momento lì, sono decisamente schiava del mio personale meccanismo di controllo e di fuga dalle emozioni positive, almeno così dicono gli psicologi. Sinceramente mi sono scocciata ma non so come uscire da questo tunnel che mi sono costruita da sola. Ecco perché ho deciso di concedermi un margine di dubbio e di affrontare la mia paura di stare bene fino in fondo.
Ho capito che per superare la paura di essere felici bisogna entrare nell’ottica che anche tu meriti la gioia. Identifica le convinzioni negative e sostituiscile con pensieri positivi. Focalizzati sul presente, abbraccia le emozioni positive e accetta che la felicità sia un diritto naturale.
La consapevolezza e la pratica quotidiana promuovono un atteggiamento più positivo. Per questo creare piccoli rituali di gioia, celebrare i propri successi, e goderti i momenti positivi senza timore di perdita può essere un ottimo metodo per costruire una mentalità positiva.
Se proprio non riesci e trovi difficoltà, affidati a degli esperti che sapranno guidarti attraverso ogni tipo di emozione, che sia essa bella o brutta, affinché tu possa finalmente accettarla e viverla pienamente senza più paura di essere felice.