Non so voi ma questo è l’anno dei miei 30. Sono nata nel 1993 (precisamente a novembre) ed è esattamente a partire dai 25 anni che l’ansia del quarto di secolo ha lasciato spazio a quella dei 30.
La realtà è che la me bambina non pensava minimamente sarebbe andata così, anzi. La me bambina osservava in loop e con infinite speranze la magica interpretazione di Jennifer Garner nel film “30 anni in un secondo” immedesimandosi e immaginando grandi cose.
Non so se siamo state totalmente illuse o se i tempi sono cambiati ma la mia realtà è ben diversa.
30 anni: sentirli tutti o proprio per niente?
La mia personale ansia nasce dal fatto che la me interna non si sente al passo con la me esterna. Quella che vive il mondo, che si interfaccia con i coetanei e con le aspettative sociali. In verità, in origine le aspettative erano ancor prima le mie.
Molto spesso mi ritrovavo da piccola a immaginare il mio futuro, organizzandolo in maniera molto precisa con un matrimonio a 28 anni, una casa di proprietà e un bel macchinone. Inutile dirvi che nessuna di queste 3 cose si è realizzata, né ora, né tantomeno a 28 anni.
La me adulta a 28 anni, almeno secondo i piani, sarebbe dovuta essere una donna in carriera, in gamba, e perché no, “vincente e seducente” cit.. La me adulta a quasi 30 anni non è arrivata ancora all’apice della sua carriera, è ben lontana dall’aver soddisfatto le proprie ambizioni ed è sommersa ancora tra 1000 possibilità di futuro da imboccare.
La me di oggi, a quasi 30 anni, NON si sente adulta.
Sapete cosa? Forse è proprio questa la base del problema: io non mi sento assolutamente adulta. E allora come mi giustifico con la mia età che avanza e che pretende da me una ben definita realizzazione personale e professionale? Come la metto a nome con i miei ovuli che silentemente mi sussurrano che il tempo sta per scadere?
Crisi dei 30 anni: le “scadenze”
Proprio come il migliore dei prodotti da frigo (e non), tutte noi abbiamo delle scadenze da evitare e, non so per quale motivo, ma pare che parecchie di queste siano state fatte coincidere con il compimento dei nostri 30 anni.
Ora non vi so dire se si tratta di reali scadenze biologiche o di meri limiti sociali: quello che è certo è che più si avvicina il giorno “X”, più questo termine ultimo prende una forma più grande di me.
Effettivamente si parla di vera e propria “crisi dei 30 anni” proprio per la differenza tra immaginazione e realtà. Che sia rispetto a quello che immaginavamo noi o rispetto alle pressioni sociali, l’arrivo dei 30 anni ci sottopone ad una reale condizione psicologica di depressione e smarrimento.
Tutto quello che eravamo in potere di fare e dovevamo fare non possiamo farlo più. Quello che resta è solo la presunzione di aver capito già tutto della vita, sulla quale non abbiamo più potere. Siamo in quella che si definisce “stagnazione emotiva” in cui le parole “maturità”, “stabilità” e “sicurezza” sono ben lontane dalla nostra realtà.
E tu, a che punto stai della tua checklist?
Per quanto la vita sia nostra pare che, vuoi o non vuoi, dobbiamo giustificarci con qualcuno. Quello che ancora non riesco a capire è se devo giustificarmi con me stessa o con una società che mi riversa addosso ogni responsabilità di come sto gestendo la mia vita.
Inutile negarlo, so che anche voi avevate dei piani ben diversi, con tanto di checklist. Per tutte le persone con un minimo di spirito organizzativo, risulta quasi inevitabile non programmare una sorta di vita ipotetica. Delle vere e proprie linee guida da seguire per fare tutte le cose per bene e come devono essere fatte.
A tal proposito, pare quasi che esista una regola universale di come andrebbe gestita la propria vita. Chi non è capace di stare al passo con i tempi impostati dalla società o di spuntare tutti i punti della check-list prevista, entra automaticamente nella categoria dei falliti.
Cosa ci si aspetta da noi a 30 anni?
Passavo in rassegna le varie macro-tematiche che più sono a stretto contatto con l’arrivo dei 30 anni. Quello di cui mi sono resa conto è che abbiamo una paura fottuta. Scusate il francesismo ma la parola chiave che racchiude bene o male tutti i nostri pensieri sul futuro è “paura“.
Abbiamo paura quando ci vediamo allo specchio e da un giorno all’altro non ci riconosciamo più. Quello a cui siamo sempre stati abituati, l’unica persona con la quale abbiamo da sempre convissuto sta cambiando e quella persona sei tu. Il corpo prende nuove forme che non pensavi potesse prendere. Spuntano i primi capelli bianchi che purtroppo sono diventati troppo visibili per nasconderli. Il sorriso è abbracciato da nuove rughe e la te nelle foto del passato inizia a sembrarti diversa.
Come si fa a non avere paura quando ti guardi allo specchio e non ti riconosci più?
Il paradosso dell’esperienza lavorativa
Come si fa a non avere paura di restare indietro con il lavoro perché ormai tutto va a rilento, inclusa tu? Le tue esperienze non sono così tante da ottenere quel posto di lavoro che desideri. Se non ottieni il posto, però, come fai ad aggiungere nuove esperienze al tuo curriculum?
E nel frattempo la società si aspetta che tu ti sposi e metta su famiglia e che la porti anche avanti. Ma come si fa a non aver paura di fare famiglia se quel lavoro non l’hai ottenuto?
Paura del cambiamento
E così ti ritrovi in un loop infinito, nel vicolo cieco della tua vita dove il meglio che puoi fare è crearti il tuo spazietto. Hai quasi 30 anni e fai il meglio che puoi per ricrearti la tua comfort zone; fino al giorno in cui ti viene chiesto di cambiare ma tu non sei più pronta a farlo. Sei talmente radicata nella tua rassicurante trincea che appena ti si presenta l’opportunità di evolvere, non sai fare altro che tirarti indietro per paura di fallire ancora.
Purtroppo, a differenza di tanti articoli motivazionali che si trovano in giro, questo è semplicemente un articolo di sfogo. Non ho consigli da darvi a riguardo ma ho la consapevolezza di essere una di voi. Alla fine, se sui siti di psicologia ne parlano come vera e propria “crisi, credo che il percorso sia obbligato un po’ per tutte.
L’unica cosa che possiamo fare è buttarci nella massa di coetanei depressi e seguire il flow del cambiamento, senza l’ansia di soddisfare alcuna aspettativa (né nostra, né di nessuno). Dobbiamo vivere ogni giorno dando il meglio di noi e apprezzando ogni nostro più piccolo risultato raggiunto. Già la vita è impegnativa, se ci mettiamo pure noi è finita!
Il trucco universale non c’è: forse, chissà, dobbiamo solo smettere di avere paura.